«Negli ultimi trent’anni quarantuno persone si sono sedute su quella sedia e hanno viaggiato nel tempo. Ognuno aveva una ragione importante per farlo: ritrovare un innamorato, un marito, una figlia e così via, ma di queste quarantuno persone, quattro sono tornate nel passato per ritrovare qualcuno che era morto.»
Basta un caffè per essere felici – Toshikazu Kawaguchi
Quanti di noi avrebbero voluto tornare indietro nel tempo e cercare di recuperare tutto il non detto? Sicuramente molti. Sfortuna vuole che non siamo personaggi di un romanzo di Toshikazu Kawaguchi, e quindi non possiamo che guardare avanti.
Con questo articolo vogliamo fornirvi degli strumenti utili per la gestione del lutto: un viaggio alla scoperta del lutto da un punto di vista diverso.
Il lutto è un processo di spoliazione, un sentimento che si prova a seguito della perdita di una persona cara, una crisi evolutiva. Parliamo di decostruzione perché è come se all’interno di un modellino si perdesse un pezzetto, più o meno fondamentale: quel pezzetto non sarà mai più completo, ma imparerà ad essere qualcosa di diverso.
In questo processo di adattamento alla separazione, quello che sicuramente non manca è il tempo: il tempo per cercare di ascoltarsi, di analizzare la nostra paura ancestrale della morte, di comprendere l’accaduto, di dare una risposta alla morte.
Il concetto di lutto, è bene specificarlo, non è solo legato alla morte, ma alla perdita in generale: una separazione, l’abbandono, l’interruzione di un legame significativo, un fallimento personale, una perdita della propria immagine sociale.
Nel corso degli anni molti psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, filosofi e molti altri professionisti hanno approfondito e trattato questo tema, arrivando ad una definizione di “percorso di elaborazione del lutto”, ognuno con modalità e fasi diverse.
Il primo a introdurre il tema del lutto fu Freud, nel 1915 ne “Lutto e melanconia”: un testo poneva l’accento sul fatto che il lutto era una sorta di modello interpretativo dei fenomeni depressivi legati alla perdita di una persona cara.
Dopo di lui saranno Lindemann (1944) e Marris (1958), i veri pionieri delle ricerche sul lutto, andando a studiare direttamente le reazioni tipiche gli eventi luttuosi con le loro deviazioni patologiche.
John Bowlby è stato il primo a spiegare chiaramente come la mente affronta la perdita, grazie alla sua teoria dell’attaccamento nel 1980: secondo lui, dato che il fine del comportamento di attaccamento è mantenere un legame, maggiore è il pericolo di perdita, più intenso sarà l’azione attiva per impedirla.
Bowlby identificò quindi 4 fasi, non lineari, del lutto che caratterizzano la sua elaborazione:
Nel corso degli anni molti hanno poi cercato di sviluppare modelli concettuali che descrivevano questo evento traumatico, ognuno a modo suo, ma tutti condividendo l’idea che il processo di adattamento alla perdita sia qualcosa che non si svolge in senso lineare e sempre uguale.
Fra questi Elisabeth Kübler Ross, che descrivere in generale tutte le situazioni di elaborazione del lutto ed elabora un modello a fasi che non necessariamente siano consequenziali, ma con fasi che possono alternarsi e ripresentarsi nel corso del tempo.
Il lutto è un’esperienza del tutto singolare, poiché ognuno di noi risponde e reagisce in modi differenti, e nonostante i numerosi studi fatti nel campo, anche la stessa elaborazione del lutto avviene in maniera del tutto personale. Per questo vogliamo dare dei consigli che potrebbero aiutare nel superare questo momento:
Questi erano i nostri consigli, speriamo che ti siano utili ad affrontare il lutto che stai vivendo, o che stai per vivere, e ricorda che non sei da solo. Molte persone vivono questa esperienza come un macigno che pesa sulla schiena, come il mondo con Atlante, ma non deve essere necessariamente così, ci sono molti professionisti pronti ad aiutarti, affidati alle persone giuste.